Gli editori, i grandi gruppi editoriali, ce l’hanno con Google. Storia datata, per la verità. Ma che torna prepotentemente sotto i riflettori in Germania, oggi. Come scrive TechCrunch.
Il nome, da solo, mette già paura: Leistungsschutzrecht für Presseverleger. O più semplicemente: Google Tax. La tassa che in terra tedesca vorrebbero approvare, su chiara spinta di chi fa informazione online, e che costringerebbe alla ricerca di un accordo commerciale tra chi pubblica notizie e chi, invece, quelle notizie le aggrega, pubblicandone un frammento e rimandando alla fonte originale. Come avviene su Google News, in pratica.
Ecco, la legge tassa chi pubblica quei frammenti. Oltre agli editori, in Germania anche la maggioranza del Governo sembra essere favorevole. Del resto, dove c’è Google, c’è denaro. Fare una legge e far pagare, allora, appare la soluzione ideale. Di questi tempi, poi, nemmeno a parlarne.
“È una legge folle”, dice Ralf Bremer, portavoce di Google in Germania. “Stiamo portando volumi di traffico importanti sui siti degli editori, non vediamo un motivo valido per cui dovremmo pagare per portare a loro lettori”. Non fa una piega. Google avverte anche: un provvedimento del genere renderebbe più difficile l’individuazione delle informazioni, durante la ricerca, da parte degli utenti. A Mountain View la vedono come una legge mirata, che rischia di inglobare al suo interno, poiché definita come “vaga”, anche altre casistiche, quali blog e simili.
“Dalle ultime interpretazioni, si suppone che anche i social network come Facebook e Twitter potrebbero essere colpiti”, avvisa Bremer. Proprio perché non appare chiaro il limite tra aggregazione dei frammenti di testo, link e quant’altro. “Dal giorno in cui questa legge entrerà in vigore, ogni azienda che vorrà utilizzare questi frammenti di testo dovrà telefonare agli editori e chiedere ‘ciao, posso utilizzarli?’. E questo, considerando che ci sono più di 1.200 editori, potete immaginare come non sia la cosa migliore”.
In Germania questo è un anno di elezioni. Ai politici potrebbe risultare conveniente assecondare la volontà degli editori. È il timore che hanno a Mountain View. Del resto per Christoph Keese, vice-presidente e responsabile delle pubbliche relazioni di uno dei principali gruppi editoriali tedeschi, il problema non si pone: “Questa riforma porterà il concetto di copyright molto vicino a quello degli USA, dove gli editori godono tradizionalmente di poteri forti. Da noi non hanno diritti. Ciò che questa riforma fa, è molto semplice: porterà ad accordi di licenza tra editori e aggregatori”.
E ancora, sempre Kreese: “Non ci saranno effetti negativi. Al contrario: nuovi modelli di business innovativi arriveranno, costruiti sui contenuti legalmente autorizzati. Questa legge contribuirà a creare un mercato dei contenuti aggregati, che al momento è inesistente”. Innovatori, li chiamano.
È giusto che Google paghi per raggruppare e segnalare notizie degli editori?
a questo punto fossi in Google farei pagare gli editori per stare nel suo indice…