“Il gestore di un motore di ricerca su Internet è responsabile del trattamento effettuato dei dati personali che appaiono su pagine web pubblicate da terzi”.
Questa frase la state trovando, riproposta, un po’ su tutti i grandi siti web d’informazione, in Italia e non. È giusto che sia così: sta facendo parlare. È l’esito, la sentenza della Corte UE nei confronti di Google, scaturita a seguito della causa aperta da un cittadino spagnolo. Quanto deciso è molto chiaro: se, cercando il vostro nome su Google, finite in pagine di terzi che contengono informazioni su di voi, ovviamente apparse tra i risultati del motore di ricerca, quest’ultimo è da ritenersi responsabile dei contenuti.
Per questo motivo l’utente può rivolgersi a Google e richiedere l’eliminazione di quel risultato. Che se non avviene, apre le porte ad una causa legale, all’intervento delle autorità competenti, ad un causa. Com’è avvenuto in Spagna.
La sentenza è stata diffusa (anche) attraverso un comunicato stampa della Corte Europea.
Da Mountain View, sede di Google, si dicono delusi:
“Si tratta di una decisione deludente per i motori di ricerca e per gli editori online in generale […] Adesso necessitiamo di tempo per analizzarne le implicazioni”.
Il caso scatenante è stato quello di un cittadino spagnolo, tale Mario Costeja Gonzalez. E qui potete saperne di più. Certo, si crea il precedente. Un pericoloso precedente, con la questione che lascia spazi, voragini di discrezionalità. Pensate a personaggi pubblici coinvolti in scandali: potrebbero richiedere a Google l’eliminazione di risultati, magari legati a testate giornalistiche, che li riguardano? E stessa cosa potrebbero fare le aziende proprietarie di un marchio?
Una discussione interessante sul tema è già aperta su Google+, da parte di Maurizio Ceravolo:
Che opinione vi siete fatti?