Presentazione alle spalle, due settimane trascorse. Eccolo. Spotify è arrivato in Italia, è attivo.
E minaccia con forza e decisione iTunes. Del resto il servizio è noto in tutto il mondo: libero accesso, gratuitamente, a circa venti milioni di tracce audio. In MP3. E se gli utenti in tutto il mondo sono altrettanti, venti milioni – di cui cinque hanno già sottoscritto la modalità a pagamento -, la bontà del servizio è presto confermata. Anche l’Italia allarga le braccia e accoglie Spotify, ora. E accoglie anche gli accordi che l’azienda, di origini svedesi, ha stipulato coi vari colossi musicali americani: nell’ordine Sony, EMI, Warner Music Group e Universal.
Nel Bel Paese, come in tutto il resto del globo, rimane forte la sinergia con Facebook. Sarà possibile scegliere di effettuare il login tanto con una registrazione ex-novo, quanto con l’account Facebook. E proprio sul Social Network – oppure in modalità autonoma -, è possibile scambiare o condividere le Playlist create. Elemento importante, questo, che da sempre contraddistingue Spotify.
Il limite tra versione gratuita e versione a pagamento sta nella pubblicità. Che c’è, per tre minuti dopo ogni ora di ascolto, per quanti non sottoscrivono alcun abbonamento. E che sparisce al pagamento di 4,99 euro mensili, nella versione denominata “Unlimited”. Prezzo modesto, anche se l’ascolto di musica rimane illimitato e le tracce audio sono sempre disponibili su PC.
C’è anche una terza modalità, quella “Premium”. Al costo di 9,99 euro/mese fa sì che l’utente possa riprodurre musica sui devices mobile (smartphone, tablet). Ma non solo: c’è la possibilità di scaricare fino a 9999 brani su tre terminali. Questo abilita, di fatto, la riproduzione offline. Anche se allo scadere dell’abbonamento, tutte le tracce spariscono dai dispositivi. Tutto esclusivamente on demand, dunque.
A questo aggiungeteci le radio online, suddivise per genere. Oppure esclusivamente dedicate a un’artista. E le Playlist certificate da etichette, band, artisti o celebrità. Italia, ecco Spotify.