Ritirata la Web Tax: quale futuro attende l’Italia?


Sede-Google

Su Twitter questa mattina Francesco Boccia, il Presidente della Commissione Bilancio della Camera, tace. Idem su Facebook. La notizia di cui parla Wired, però, lo riguarda: l’emendamento alla Legge di Stabilità riguardante la Web (o Google) Tax è stato ritirato ieri sera, domenica, in Commissione Bilancio del Senato. Non è una notizia da poco, ma non è nemmeno – assicurano i bene informati – la fine della battaglia.

Ricapitolando un po’ la vicenda della Web Tax:

“Google, Facebook, Amazon e gli altri colossi del Web paghino le tasse sul territorio in cui erogano i propri servizi, piuttosto che nel paese in cui risiedono” […] “Viene stabilito l’aspetto che le società pagheranno progressivamente rispetto al loro fatturato, ma vorrei andare oltre, obbligando chi vende pubblicità in Italia a dotarsi di un domicilio fiscale italiano, ovviamente per il volume d’affari sviluppato nel nostro Paese. Cambierebbe tutto”.

Ora Boccia sarebbe intenzionato a proporre un nuovo testo, modificato, in Commissione Bilancio alla Camera. O, in alternativa, potrebbe lavorare a un disegno di legge autonomo, che dovrebbe camminare con le proprie gambe lungo tutto l’iter classico, fino all’eventuale approvazione. Il succo rimarrà comunque quello: imporre ai vari Google, Facebook, Amazon e simili la partita IVA italiana per servizi erogati nel nostro paese, seppur provenienti da aziende con sede all’estero.

Un’eventuale approvazione rappresenterebbe, come spiega Wired, un vero e proprio “colpo di mano”. Nessun incontro fra le parti, nessuna discussione. Solo una norma nuova, che di fatto andrebbe nella direzione opposta anche rispetto all’Unione Europea e ai regolamenti comunitari che riguardano i servizi offerti fra differenti nazioni dell’UE. A Bruxelles affronterebbero l’argomento non prima del 2015. L’Italia ha fretta. Che è cattiva consigliera, si sa.

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